Nel corso della nostra vita, crescendo e relazionandoci con le persone intorno a noi, scopriamo pian piano che ci sono principalmente due modi in cui tendiamo a vivere la nostra vita.
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Il primo, e il più comune, è accettando passivamente tutto ciò che ci accade, con la convinzione che non siamo in grado di intervenire sulla realtà; il secondo è, invece, agendo con la consapevolezza di esserne i protagonisti, e contribuendo deliberatamente a dare alla nostra vita la direzione desiderata.
👉 Nel primo caso confidiamo nella provvidenza, nella fortuna, piuttosto che in noi stessi e nelle nostre possibilità. Speriamo che le cose ci vadano bene, e quando questo non accade, siamo portati a reagire con sentimenti di rabbia, di delusione, di rammarico e sfiducia.
Attiviamo dentro di noi il cosiddetto “pensiero magico” per il quale ciò che accade è evidentemente ciò che doveva accadere o, peggio ancora, ciò che meritavamo.
In questo caso arriviamo a considerare quasi delirante e presuntuosa l’idea di poter indirizzare gli eventi; e quindi a ritenere corretto assumere quell’atteggiamento comunemente ritenuto “umile“: quello di chi accetta la volontà divina o esistenziale, karmica, o semplicemente la logica della casualità e non-causalità degli eventi.
In questa luce, tuttavia, il soggetto finisce per abbandonarsi passivamente ai fenomeni dei quali è convinto di non essere con-causa, o men che meno principale causa.

👉 Nel secondo caso, invece, siamo orientati a fare del nostro meglio per realizzare ciò che desideriamo, con la convinzione che le nostre scelte e le azioni conseguenti, possano effettivamente indirizzare gli eventi, facilitando il raggiungimento dei nostri obiettivi.
In questo caso, la consapevolezza e la determinazione producono l’effetto di renderci più forti, più sicuri e quindi più efficaci; così, se anche incontriamo impedimenti indipendenti dalla nostra azione, siamo più disposti e inclini ad affrontarli con uno spirito attivo e risolutivo.
Scopriamo in questo modo che assumere un atteggiamento proattivo, creativo e progettuale rispetto alla nostra vita, ci rende più sicuri di noi stessi e, soprattutto, ci permette di aumentare la possibilità di realizzare i nostri sogni e di vivere un’esistenza piena e soddisfacente.
A qualunque dei due gruppi apparteniate, vorrei ricordarvi che E’ POSSIBILE, sempre, imparare ad agire da protagonisti; e con la certezza che, come dicono i saggi: “diventiamo quello che più spesso, e convintamente possibile, pensiamo di diventare”.

Inoltre, c’è un ulteriore aspetto sul quale vorrei fermarmi un attimo e fare una riflessione: perché, in fondo, entrambe le due posizioni hanno qualcosa di interessante ed utile su cui lavorare!
Se infatti, da una parte, è vero che l’atteggiamento pragmatico ci insegna a sentirci parte attiva della realtà, divenendo così strumento vivo nelle nostre mani, dall’altra è anche vero che non ci è possibile non-fare; e dunque fare del nostro meglio per indirizzare gli eventi o non farlo affatto, è in ogni caso inevitabilmente espressione del nostro essere parte della vita.
Chi è convinto di essere causa assoluta degli eventi, può imparare a sentire il mondo intorno a sé e a comprenderne ed accettarne con intelligenza, consapevolezza e senza egocentrismo, le manifestazioni spontanee e dal suo punto di vista irragionevoli, che non è in grado di controllare.
E chi vive confidando nella provvidenza e sperando nella buona sorte, può provare ad agire per favorirne la manifestazione piuttosto che astenersi, ritardandone l’espressione, e pensando di non esserne parte viva.
Ragione, intuizione e sentimento mirabilmente fusi nell’intelligenza globale.

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